lunedì 22 aprile 2013

Un anno fa (circa)

Circa un anno fa, in un piccolo Consiglio circoscrizionale di una importante città italiana si consumava una forte crisi istituzionale: si doveva eleggere il nuovo presidente del Consiglio di Quartiere. La maggioranza aveva proposto per due volte consecutive il candidato che veniva appoggiato dal partito di maggioranza relativa e che era stato accolto con acclamazione. Per due volte consecutive quel candidato è stato impallinato dal 40% di franchi tiratori del suo stesso partito (ancora non capisco come si faccia a dichiarare pubblicamente un voto, sottoscrivere un impegno, e poi nel segreto dell’urna fare l’esatto contrario). Per due mesi interi un solo partito ha tenuto in scacco non solo quel consiglio circoscrizionale ma un’intera città, avviluppato in dinamiche interne incomprensibili ai cittadini. Un anno fa per uscire dallo stallo gli altri partiti della coalizione avevano proposto un nome diverso che non fosse del partito di maggioranza relativa. Non è stato possibile proprio perché quel nome non era stato proposto da quel partito. Sull’orlo del baratro, sospesi in aria in mezzo al canyon, c’è stato un colpo di reni improvviso. Dalla crisi è emersa un’opportunità. Una convergenza è stata trovata su una nuova maggioranza allargata, però non al centro. Oggi quel Consiglio è l’unico in quella città ad avere una maggioranza fortemente spostata a sinistra, con l’ambizione, la voglia ed il coraggio di mettere nuovamente al centro parole come “persone”, “partecipazione”, “democrazia” ed abbandonando il centralismo democratico. Forse è proprio questo quello che dobbiamo iniziare a fare: in questa crisi paurosa iniziamo a cercare quali sono le opportunità.

Vi lascio con un estratto dell’articolo che Stefano Rodotà ha scritto al direttore de La Repubblica oggi.
La mia candidatura era inaccettabile perché proposta da Grillo? E allora bisogna parlare seriamente di molte cose, che qui posso solo accennare. È infantile, in primo luogo, adottare questo criterio, che denota in un partito l'esistenza di un soggetto fragile, insicuro, timoroso di perdere una identità peraltro mai conquistata. Nella drammatica giornata seguita all'assassinio di Giovanni Falcone, l'esigenza di una risposta istituzionale rapida chiedeva l'immediata elezione del presidente della Repubblica, che si trascinava da una quindicina di votazioni. Di fronte alla candidatura di Oscar Luigi Scalfaro, più d'uno nel Pds osservava che non si poteva votare il candidato "imposto da Pannella". Mi adoperai con successo, insieme ad altri, per mostrare l'infantilismo politico di quella reazione, sì che poi il Pds votò compatto e senza esitazioni, contribuendo a legittimare sé e il Parlamento di fronte al Paese.

Questo è il Presidente che ci siamo persi ...