martedì 19 ottobre 2010

Viva Chile y sus Mineros

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, questa lettera di Francesco Pulejo, cooperante espatriato di Oxfam Italia in Libano.

Viaggiando per il deserto del nord del Cile, dove si trova la cittadina di Copiapò diventata famosa in questi giorni per la vicenda dei 33 minatori rimasti imprigionati sottoterra, ci si chiede come sia possibile vivere in un posto del genere. Non si vedono alberi, né acqua, né campi coltivati. Solo montagne brulle, distese sconfinate di polvere e pietre a perdita d’occhio. La ricchezza sta nel sottosuolo, ed è enorme, tanto da fare del Cile il primo produttore mondiale di rame ed uno dei primi di oro.

Questo tesoro nascosto ha attirato a partire già dai primi anni del Novecento grandi investimenti dai paesi ricchi, le cui multinazionali ancora oggi, approfittando di regimi fiscali vantaggiosi, ricavano enormi profitti dall’estrazione di questi minerali. L’industria estrattiva rimane di gran lunga la prima fonte di ingresso per il paese, ed il prezzo del rame sui mercati internazionali è il vero indicatore da cui dipende l’intera economia del paese. I servizi sociali, le pensioni, la scuola pubblica, l’esercito, sono in gran parte finanziati dai guadagni dell’industria mineraria, che è regolata da un ministero ad hoc. Gli enormi progressi tecnologici dell’ultimo secolo hanno permesso lo sviluppo di professioni molto specializzate, e sicuramente l’ingegnere minerario è uno dei lavori meglio retribuiti e con maggiore stabilità.

Ma dove ci sono miniere, naturalmente, ci sono soprattutto i minatori. Anche Che Guevara, nel suo viaggio per il Sudamerica immortalato dal film “ I diari della motocicletta”, incontra, proprio vicino a Copiapò, una coppia di minatori, e quell’incontro sarà uno dei più intensi ed emotivi per il giovane che durante il suo viaggio inizia a prendere coscienza delle condizioni di ingiustizia e oppressione in cui è costretta a vivere la gran parte della popolazione del continente. La storia del Cile è attraversata e profondamente influenzata dalle vicende dei minatori, immigrati al nord da tutto il paese a partire dagli anni ’20, vittime di abusi ed addirittura di repressioni sfociate in massacri, ma sempre all’avanguardia nella lotta per i loro diritti e per migliori condizioni di lavoro. Le loro lotte e la loro coscienza di classe ne fecero uno dei pilastri dell’Unidad Popular di Salvador Allende, quando conobbero il momento di maggior riconoscimento del loro ruolo nella società. Durante la terribile dittatura di Pinochet che seguì, pagarono un prezzo altissimo in diritti negati e vite spezzate.

In questi mesi le televisioni di tutto il mondo hanno mostrato i volti dei 33 minatori bloccati a 700 metri di profondità. Abbiamo visto in diretta come sbucavano dall’oscurità per rassicurare i loro familiari e fare loro coraggio. “Stiamo bene, siamo tranquilli, non abbandonateci”, ripetevano. Erano frasi intrise di speranza, ma anche di rassegnazione e fatalismo. I minatori sapevano che il crollo della galleria che poteva ucciderli e li ha tenuti imprigionati per oltre 2 mesi si deve ad una negligenza dell’azienda. Sapevano che per i primi 15 giorni dopo il crollo nessuno ha dato l’allarme o si è mobilitato per aiutarli, pensando che non ci fossero speranze di riscattarli. Addirittura i proprietari della miniera, durante le prime settimane della loro prigionia sotterranea, stavano negoziando con il governo affinché questo si facesse carico dei loro stipendi, dato che nei mesi successivi non sarebbero stati “produttivi”.

Finalmente però l’attenzione mediatica del mondo intero, ed un governo in crisi di consenso che ha trovato un’ottima occasione per migliorare la propria immagine, hanno reso possibile una mobilitazione enorme ed un’operazione che tutti hanno definito “un miracolo”.

Le immagini dei minatori salvati uno ad uno, che finalmente riabbracciano i loro familiari in diretta tv, ha emozionato il mondo. Tra tutte le frasi che ho sentito pronunciare da “los 33”, ce n’è una che mi ha colpito particolarmente, per la sua lucidità e chiarezza: “Non trattateci come delle celebrità, siamo solo dei minatori”.

Questo è il messaggio più importante di questa vicenda, finita per fortuna nel migliore dei modi. I volti che abbiamo visto quotidianamente apparire nei nostri televisori ci hanno fatto tornare alla realtà. Il lavoro di questi minatori, durissimo e pericoloso nonostante i progressi tecnologici, era invisibile. Solo una casualità come il crollo di una galleria lo ha riportato in prima pagina, ed ha rimesso al centro dell’attenzione il loro sfruttamento, le difficili condizioni di vita, e la dinamica che non sembra essere molto cambiata negli ultimi 100 anni, considerando i minatori come l’ultimo anello di una catena che arricchisce pochi con il lavoro di molti.

Francesco Pulejo

giovedì 14 ottobre 2010

Arroganza di partito

Lettera aperta ai Consiglieri del gruppo PDL del Quartiere 1

Sabato 9 ottobre è stata una gran bella festa!

In una giornata di sole Piazza Santa Croce è stata invasa da centinaia di bambini che, insieme a tanti giovani e adulti, sono arrivati per provare tutte le discipline sportive nei vari spazi allestiti insieme alle società che collaborano con il Quartiere. Non è stata solo una giornata di promozione sportiva. Tante persone di tutte le età si sono ritrovate in piazza, si sono appropriate per una giornata di una delle più belle piazze di Firenze. Lo spettacolo che si poteva gustare dalle finestre del Quartiere era veramente emozionante. Uno spettacolo reso possibile dall’estenuante lavoro di chi ha coordinato l’iniziativa e del personale degli uffici Sport e Giovani presente in piazza anche di sabato.

È stato un successo di gente e di partecipazione. È stato anche un successo organizzativo per tutto il Consiglio di Quartiere. Abbiamo iniziato a preparare questa manifestazione 2 mesi fa. La Commissione che il Consiglio mi ha dato l’onore di presiedere ha lavorato intensamente, in completa armonia e prendendo le decisioni sempre all’unanimità. Maggioranza e opposizione sono sempre riuscite a trovare un punto di incontro per organizzare questo evento, così come quelli precedenti, destinato a tutti i cittadini indiscriminatamente, senza distinzioni di fede, razza, o appartenenza politica. Questa doveva essere la festa di tutto il Quartiere, di tutti noi, per i cittadini, di tutti i cittadini.

Invece qualcuno ha cercato di trasformare “Q1 in Festa – sport in piazza” in “Q1 in Festa – PDL in piazza”.

Prima ancora che iniziassero le attività sportive è stato montato un gazebo del PDL sul piano della piazza. Numerosi manifesti riportanti l’immagine di Silvio Berlusconi con l’invito a “scendere in campo” sono stati attaccati sulle transenne messe a disposizione per delimitare le aree di gioco. Tale slogan non poteva essere più calzante rispetto alla giornata sportiva che stava per iniziare. Personalmente mi sono recato al gazebo per chiedere di rimuovere tutti i manifesti e togliere il gazebo dalla piazza, spiegando le motivazioni politiche e istituzionali. La reazione e le risposte fornite dai responsabili del gazebo sono state arroganti e di sfida, rimandando tutto al fatto che esisteva un permesso rilasciato per occupazione del suolo pubblico. Il gazebo è rimasto in piazza, seppur spostato, per tutta la durata della manifestazione. È stato smontato intorno alle 17.30, quando ormai la manifestazione si era conclusa.

Cari consiglieri del PDL, forse voi singolarmente non eravate in quel gazebo, ma questo non mi esime dal rivolgermi a voi che rappresentate in Consiglio quel partito.

Come consigliere, ma soprattutto come cittadino, sono profondamente amareggiato. Seppur in presenza di un permesso, peraltro mai mostrato nonostante i numerosi solleciti, si è volutamente ignorato che la manifestazione fosse una manifestazione istituzionale, organizzata da maggioranza e opposizione unitariamente, e non si è voluto assolutamente comprendere l’inopportunità politica della presenza di quel gazebo. Al contrario, in maniera arrogante è stato ribadito il proprio diritto a restare lì. Ancor più grave è il fatto che si sia voluto pianificare la presenza di un gazebo in concomitanza di una iniziativa che insieme avevamo pensato, ideato, organizzato. Traendo in tal modo il benefico vantaggio della grande partecipazione di persone che l’evento ha richiamato.

Durante i numerosi confronti fatti in Consiglio di Quartiere in questo anno e mezzo di legislatura, spesso avete parlato della necessità, e lo avete messo per iscritto nelle vostre mozioni, di “favorire e sostenere l’iniziativa politico istituzionale del Consiglio e delle Commissioni”, di “interpretare al massimo i principi di collegialità, trasparenza, del coinvolgimento e della inclusione nel processo politico”. Mi domando se queste vostre richieste sono solo dichiarazioni di facciata oppure c’è anche una volontà di coerenza con le azioni di tutti i giorni.

Quando il 25 aprile dello scorso anno ho deciso di candidarmi, l’ho fatto per reazione, disgustato dal “teatrino della politica”, disgustato dal degrado culturale che negli ultimi vent’anni ha lentamente e progressivamente tolto significato a parole importanti della nostra Storia come “Democrazia”, “Partecipazione”, “Libertà”. Libertà, questa parola che campeggia sulle vostre bandiere, cosa significa per voi? È la tracotanza che porta ad agire senza rispetto per gli altri? È la libertà di approfittare delle situazioni per avere più visibilità, caso mai non fossero sufficienti gli strumenti che il vostro presidente vi mette a disposizione?

In ogni caso vi ringrazio per aver dimostrato a questo Quartiere ed a tutti i suoi cittadini che il “teatrino della politica” esiste eccome. Si recita da una parte e si agisce diversamente dall’altra. Vi ringrazio per avermelo fatto ricordare ancora una volta. Vi ringrazio per avermi messo di fronte all’evidenza che è sempre più necessario impegnarsi affinché una politica diversa sia possibile. Affinché si possano aprire modalità diverse e nuove forme di coinvolgimento e partecipazione di tutti i cittadini alla “cosa pubblica”. Una politica dove i cittadini, tutti, siano veramente partecipi e non siano costretti a subire l’arroganza dei partiti e dei loro padri padroni.

Cordialmente,
Riccardo Sansone